venerdì 23 settembre 2016

HISTORIA DE UNA eRRe...


 (traducción en los comentarios)

C'era una volta un ramarro marrone.
In realtà il ramarro era verde, come abbia potuto diventare marrone è una domanda da porre al cinico inventore di questa combinazione linguistica alliterante, il quale evidentemente traeva piacere nel sentir infrangersi i tentativi di poveri malcapitati, che tentavano di far vibrare quella maledetta R in maniera normale, ma non ci riuscivano, complice una lingua un po' pigra, un palato un po' stretto, un cervello disattento.

Tecnicamente rotacismo, elegantemente erre à la française, volgarmente erre moscia, bastardemente evve moscia… quattro espressioni che designano lo stesso, discriminante fenomeno per cui una classe di persone speciali non riescono a pronunciare la R, ma la sostituiscono con i suoni più svariati: chi con una specie di aspirazione rauca alla tedesca, chi con una vibrazione della lingua che, come se si vergognasse, se ne sta ritratta nel palato, chi con una specie di “V”.

Differenze, queste, estremamente sottili, che certo non possono agilmente spiegarsi a quei simpaticoni che, nel corso della vita, ti sfidavano a ripetere il nome del rettile più detestato di sempre, accompagnato dal colore delle castagne e, di fronte al tuo insuccesso, sghignazzavano ripetendo “vamavvo mavvone”, tacciandoti di essere un malmostoso se non accennavi un sorriso sportivo di compassione per la loro stupidità.

Il ramarro marrone ha accompagnato i passi del sottoscritto fino a non molto tempo fa, quando, spaventato all'idea di parlare un castigliano sbiascicante, finalmente ho deciso di togliermi uno sfizio e andare dalla logopedista, per vedere quello che si potesse fare.
Le speranze, a dir la verità, non erano molte: a 23 anni, imparare un suono completamente nuovo non è affatto semplice per il cervello.

Tre sedute di un'ora, moltissimi esercizi con la mascella, il palato, le corde vocali, mentre la lingua articolava i suoni più improbabili e i familiari ti guardavano come se stessi impazzendo…
Poi, nel pomeriggio afoso di sabato 30 luglio, all'improvviso, il mio cervello ha deciso che, in questo mondo dove tutti sognano di essere diversi, era giunto il tempo per noi di iniziare ad essere come tutti gli altri.
Ed ecco emergere, da un interstizio fra la punta della lingua e gli alveoli dentari, una R chiara, forte, battente… e dalla coda dell'occhio sinistro una lacrima un po' stanca, ma felice ed emozionata, per nulla amara: una carezza sulla guancia.

Bene, ora io e il rrrramarrrro abbiamo fatto pace, siamo diventati amici.
Adesso posso decidere a piacimento se chiamarlo come fanno tutti… oppure in quell'altro modo, che invece è solo mio.

sabato 10 settembre 2016

VAMOSSS



A volte ritornano, a volte ripartono. Io personalmente ho preferito ripartire: salutati i bianchi e degradati palazzoni della banlieue parigina, detto addio con gli occhi lucidi a croissant, crepes e baguettes, abbandonati con sorrisi sornioni gli infiniti documenti e le nasali tutte uguali… eccomi approdato sotto il RRRRovente sole spagnolo, dove basta una fotocopia per iscriversi all'università e le erre si arrotano nel palato che è un piacere.

Abiterò per cinque mesi a Madrid, questa volta CENTRALISSIMO ( e invidiato) nelle immediate vicinanze della Gran Via, in un appartamento da barzelletta: un italiano, un francese e un tedesco.


E questa volta altro che università di periferia: mi aspettano i corridoi ed i corsi dell'Autonoma, che è sì geograficamente periferica, ma accademicamente gode di un certo prestigio, essendo niente popò di meno che l'Alma Mater Studiorum di Don Felipe VI, el RRRey de Espana.

 

Madrid: 3.141.991 abitanti, oltre 6000 studenti stranieri nelle sue università, di cui più di 2000 all'Autonoma. Sono una goccia in un oceano, forse una molecola d'acqua.

E un po' mi colpisce incontrare nel metro, in coda all'ufficio dei trasporti, al supermercato tante molecole come me, curiose e un po' spaesate, con gli occhi carichi di speranze e aspettative, con le orecchie tese a decodificare una frase piena di jota, acca e g aspirate, confidando in un' ultima parola rivelatrice che dia significato a tutti i suoni precedenti.





Bene, Madrid. Eccoci qui. Ora abbraccia, con le tue calles sali-e-scendi, con i tuoi parques così serafici al tramonto, queste molecole che hanno scelto di ingrandire quel mare di vita che fluisce dentro te.